
Non più sarò imbuto capovolto
cono di carne in cui gettare il cuore
strazio di luce dolore che scuce
acqua di foce che cura che dice
io sono di te le stesse radici
la stessa terra bagnata di croci.
Da quando non ci sei
s’è fatta notte sul mio cuore
e il balcone ghiaccia i suoi gerani
li mangia nella nebbia
divora i suoi colori.
Da quando non ci sei
mi manco poco a poco
mi mangio nella nebbia
i nuovi miei amori.
Ci faremo freddo.
Saremo impasto
nel vuoto
dell’altro.
Saremo
tovaglia, poi pane.
Briciola, poi.
Saremo fame.
Sei nell’azzurro verticale
nell’impronta di terra che ti affonda
forse è tutto qui il senso
e non serve camminare:
è solo un lento lasciarsi levigare.